CHEAP: Trasparenza, Conflitto e Futuro
Questo è un momento difficile. Ci interroga, ci scuote, ci ha messe davanti a domande che non hanno risposte semplici. CHEAP può esistere ancora? Ha senso continuare? E in che forma?
Non sono domande retoriche, sono state domande reali, dolorose, pesanti, ma necessarie. Abbiamo dovuto guardarci dentro, chiederci se ciò che abbiamo costruito in quasi 12 anni avesse ancora la forza, il piacere e il desiderio di andare avanti.
CHEAP è cresciuta. È diventata un progetto artistico e politico strutturato, riconosciuto, capace di espandersi senza perdere radicalità. Ma la crescita porta con sé nuove responsabilità, nuove complessità, nuove tensioni. Prendersi cura di un progetto significa anche decidere come attraversare questi passaggi senza lasciarsi travolgere.
Facciamo un’operazione di trasparenza. CHEAP non è solo un progetto artistico e politico, è un’Associazione di Promozione Sociale (APS) iscritta al RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore), con obblighi amministrativi e giuridici precisi. Gestire un bilancio non è solo una questione di numeri, ma di responsabilità civile e penale.
Nel 2016 il bilancio dell’associazione era di 27.642 euro di entrate e 27.891 di uscite. Oggi CHEAP gestisce un’economia di 120.521,65 euro di entrate e 116.289,27 di uscite, con un avanzo positivo di 4.232,38 euro.
Queste cifre non sono solo dati contabili: sono una responsabilità che chiunque faccia parte del progetto deve conoscere e riconoscere.
Eppure, per anni, la gestione economica di CHEAP è rimasta opaca, inadeguata e poco accessibile a chi lavorava dentro il progetto. Era diventato impossibile capire come allocare risorse o prendere decisioni strategiche. La trasparenza non è solo un valore, ma è una necessità.
CHEAP è cresciuta, e con la crescita arrivano scelte che devono essere comprese, condivise e assunte collettivamente.
Nessun progetto si sostiene da solo. Dietro ogni affissione, ogni collaborazione, ogni iniziativa, c’è del lavoro. Viviamo in un settore dove il lavoro culturale viene precarizzato, dato per scontato, invisibilizzato.
Nel 2024, 40.000 euro del bilancio sono stati destinati a prestazioni professionali. Perché il lavoro va retribuito. Perché la dedizione non può essere un alibi per lo sfruttamento. Perché prendersi cura di un progetto significa riconoscere il valore di chi lo rende possibile, garantendo nei limiti del possibile il giusto compenso a chi chiamiamo a lavorare con noi.
Questa crescita di responsabilità e di necessaria organizzazione ha reso più evidenti le differenze di visione, gli scontri, le diffidenze e le incomprensioni, trasformando l’impegno dell’Associazione in un campo minato organizzativo, amministrativo e progettuale. CHEAP era bloccata.
Abbiamo quindi scelto di affrontare questa sfida con strumenti coerenti con le nostre pratiche: il femminismo, l’attivismo, la valorizzazione delle competenze. Anche quando stare insieme era difficile, anche quando sembrava impossibile. Per non implodere, per tentare di portare avanti il progetto, abbiamo deciso di investire – anche economicamente – in un percorso di mediazione professionale dei conflitti. Tra marzo e novembre 2024, abbiamo svolto 12 incontri guidati da una figura esterna specializzata. La mediazione non è un compromesso al ribasso, ma un modo per attraversare il conflitto con responsabilità, per riconoscere le differenze senza trasformarle in macerie.
Abbiamo creduto in questo processo. Ma nel corso del tempo è emerso che alcune di noi stavano nel frattempo muovendosi su un altro piano, rivolgendosi a legali per valutare la propria posizione dentro CHEAP, cercando senza riuscirci di smembrare il progetto per portarsi via tutto quello che poteva, a partire dal nome, a partire dal marchio.
Questo ha reso necessario tutelare ulteriormente CHEAP, perché non potevamo permettere che il conflitto si trasformasse in uno scontro capace di compromettere tutto ciò che abbiamo costruito.
CHEAP è sempre stato un progetto collettivo, e riconosciamo il valore di tutte coloro che, in modi diversi, hanno contribuito e contribuiscono a crearlo.
Ma un progetto con la natura di CHEAP non può appartenere a nessuna singola persona: esiste perché continua a essere abitato, trasformato, difeso.
Negli ultimi giorni, abbiamo assistito a un’ondata di odio e violenza sui social. Commenti, accuse, inviti al boicottaggio, distorsioni della realtà e delazioni che hanno trasformato uno spazio di discussione in un’arena dove il conflitto non è più confronto, ma volontà di annientare.
Sappiamo che le tensioni generano dolore, ma questo non giustifica la rabbia cieca, l’attacco personale, la voglia di distruggere.
Ci colpisce, ci ferisce, ci interroga, soprattutto quando arriva da chi ha fatto parte di questo percorso. Da chi conosce il valore di CHEAP e sa quanta dedizione, fatica e intelligenza collettiva siano state necessarie per farlo crescere.
Ci aspetteremmo rispetto. Per il lavoro, per la complessità di questa fase, per la sofferenza che, in modi diversi, attraversa tutte le parti in causa.
Il dissenso è legittimo, la distruzione no. Nessuna di noi ha mai creduto in una comunità costruita sull’uniformità di pensiero, ma una comunità si regge sulla cura reciproca, sul riconoscere che anche nel conflitto esistono dei limiti.
CHEAP va avanti. Con chi ha scelto di assumersi la responsabilità di farlo, con chi vede in questa crescita una possibilità e non una minaccia, con chi crede nella cura invece che nella distruzione.
I progetti non sopravvivono perché qualcuno li fonda, ma perché qualcuno sceglie di continuare a costruirli.
Nel rispetto di questo percorso, chiuderemo i commenti sotto questo post. Ma per chiunque voglia scriverci, comunicare con noi, esprimere opinioni, pensieri, farci delle domande, potete farlo a questa mail: office@cheapfestival.it