CHEAP | call for artists 2021 | POST
Bologna | July 2021
video | camera + edit | Dario Alejandro Barletta
music | Fucksia
Her name is Revolution, scritto su un corpo di donna. Feminism is a HOME for everyone, scritto su un corpo di uomo. Un planisfero da cui sono stati cancellati i confini. Una partigiana su cui piovono petali di fiori. Forme di vita tentacolari, bolle di sapone, corpi che hanno rotto con tutti i canoni a cui riuscite a pensare.
Sono i poster della call for artist di CHEAP, l’invito annuale a contaminare lo spazio pubblico rivolto a artistə che utilizzano linguaggi visivi contemporanei, formulato dal progetto di poster art con sede a Bologna: centinaia di manifesti arrivati da tutto il mondo affissi in strada, un contributo internazionale di centinaia di artist* che si occupano di grafica, illustrazione, lettering, fotografia, collage e tecniche miste. Un campionario visivo ampio come l’immaginario che hanno saputo ricostruire negli scorsi anni, su temi come SABOTAGE, DISORDER e RECLAIM.
Questa IX edizione del progetto vede alcune novità: i poster passano dal bianco e nero al colore e le dimensioni “esplodono”, dal classico 70×100 si passa al 140×200.
Il tema della call per il 2021 è POST, nella sua accezione latina: a partire da questa idea di superamento, dalla suggestione che nulla (fortunatamente) duri per sempre, dall’eccezionalità dello scenario pandemico, la proposta di CHEAP è stato quella di misurarsi con ciò che verrà, con delle idee di futuro rappresentate visivamente. La risposta si è tradotta in 600 candidature di manifesti da 43 diversi paesi: 180 sono stati selezionati, affissi di notte da uno squad di donne, incastonati nelle pieghe del panorama urbano di Bologna.
Poster che intrecciano corpi, sguardi su un futuro più che fantastico, umanità libere dai fantasmi coloniali: la call for artists di CHEAP riesce ad essere politica, pop e ironica – tanto ironica – in un blend che unisce un Laocoonte stritolato dalla maschilità tossica, le bandiere dei nuovi totalitaristi digitali in cui l’ # è assunto a svastica, una versione pop di Marx nelle vesti di simpatico impalatore di quel vampiro che è il capitalismo, la certificazione di stress da post patriarcato.
C’è anche la pandemia, certo: le mascherine sono entrate nel nostro immaginario e nella nostra estetica, sono il feticcio della contemporaneità in preda al contagio. Ciononostante, ritornano nei manifesti una serie slanci volti al superamento anche della dicotomia malata che vede opporre l’umano al pianeta: il tema dell’ambiente, della convivenza interspecie, della relazione non solo biologica con la Terra, della sostenibilità e della responsabilità che ne deriva è forte nei poster disseminati nello spazio pubblico di Bologna, una serie di cartoline dall’antropocene da cui è difficile distogliere lo sguardo.
“Mai come per questa edizione della call for artists abbiamo chiesto allə artistə di prodursi in un gesto immaginifico: per molti versi il progetto si è trasformato in una call for visions, raccogliendo un’incredibile serie di visioni sul futuro, per certi versi dal futuro.
Abbiamo chiesto di rappresentare con linguaggi visivi contemporanei cosa ci aspetta oltre il capitalismo, in seguito alla prossima crisi climatica, dopo aver compiuto 30 anni, dopo il crollo del patriarcato, dopo la malattia, dopo l’impero, dopo il punk, dopodomani.
Le risposte sono arrivate su poster e contengono universi, utopie, scenari postumani, società decoloniali, tratti di una posterità prossima, nuove estetiche e nuovi segni di liberazione: contengono visioni dal futuro.”
D’altronde il testo della call di CHEAP apriva ad un ipertesto di riferimento molto ampio che va da Mark Fisher a Donna Haraway, intersecando anche la science fiction caraibica, il manifesto xenofemminista, lo sguardo dei Motus rivolto ai futuri fantastici a Santarcangelo, l’installazione sul tetto del Berghaim a Berlino “Morgen ist die Frage” (Domani è la domanda).”
Immaginari evocati con una call for artists che arriva, polifonica o polimorfa, nelle strade di Bologna agendo un’evidente azione collettiva di riappropriazione della città e degli spazi urbani:
“CHEAP ha scelto come contesto lo spazio pubblico della città: dal 2013 lavoriamo in strada e il fatto che le città non siano luoghi neutri ci è drammaticamente chiaro, per una questione esperienziale prima che teorica. Esattamente come le società in cui viviamo, le città che abitiamo riproducono dinamiche di esclusione e privilegio, sulla base del genere della razza e della classe.
Le barriere che i nostri centri urbani oppongono sono fisiche e economiche, oltre che simboliche: proprio su questo livello, su quello del simbolico, si posizionano i nostri interventi di arte pubblica, i progetti che sedimentiamo sul paesaggio urbano e che hanno il delicato compito di coltivare una conversazione con chi abita e attraversa la città.
Una conversazione all’interno della quale abbiamo portato attraverso le pratiche dell’arte, declinata come arte pubblica di protesta e di strada , l’idea di un diritto alla città per tuttə: l’idea di una città inclusiva, intersezionale, femminista – l’idea di una città più giusta.”
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