SINDEMIA: CHEAP e Arcipelago-19 a Bologna per un’affissione sullo spazio pubblico
CHEAP e Arcipelago-19, a un anno dalla nascita del progetto dell’ “Atlante visivo della pandemia”, vanno in strada a Bologna con un’installazione pensata insieme all’interno di una campagna di affissioni nello spazio pubblico che avviene in contemporanea in altre 14 città italiane.
Via Marchesana, quasi all’angolo con Galleria Cavour, è il luogo scelto per installare le due fotografie di Alessandro Serranò e Savino Carbone scattate rispettivamente a Roma e a Bitonto, nel marzo 2020.
“Esiste una dimensione che riguarda i nostri corpi nello spazio aperto. Riprendere in mano la quotidianità significa riprendere possesso di ciò che per molti mesi è stato precluso da un virus capace di condannare lo spazio pubblico a spazio del contagio e della malattia”. Riportare queste immagini in strada e farle attraversare la fisicità dei luoghi, a un anno di distanza dall’inizio della pandemia, significa per noi focalizzare lo sguardo su come la sua diffusione e la viralità del Covid, sia determinata non solo da condizioni sanitarie, ma dal contesto sociale, economico e discriminante in cui esso agisce: quello della nostra società.
Quali #anticorpi bisogna sviluppare dunque? Si prova in questo progetto a rispondere collettivamente e su più città d’Italia ragionando su più tematiche. A Bologna abbiamo scelto di parlare di Sindemia – riportando letteralmente la Treccani – “è l’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie trasmissibili e non trasmissibili, caratterizzata da pesanti ripercussioni, in particolare sulle fasce di popolazione svantaggiata”.
Nel 2020 erano almeno 51.000 senzatetto in tutta Italia. Per loro, il rischio di contrarre la malattia è solo un ulteriore disagio nella lotta quotidiana. Per loro è impossibile “restare a casa”. Lo scatto di Alessandro Serranò realizzato a Roma il 13 marzo 2020, svela un paradosso: nelle strade vuote, l’invisibile diventa visibile e svela la sua presenza.
Ekhlad e suo figlio sono entrambi chiusi in casa. Lei, incinta assieme al marito Mohammed e il piccolo Ali, è arrivata in Grecia a bordo di un gommone, ha percorso la rotta balcanica e raggiunto prima la Norvegia e poi l’Italia. Hanno lasciato Bassra (Iraq) nel 2015 perchè temevano l’avanzata di Daesh nel Sud del Paese. Oggi vivono a Bitonto (Bari). Svolgendo lavori saltuari, con il lockdown si sono ritrovati senza stipendio. I figli, entrambi alle elementari, rischiano di perdere l’intero anno scolastico, nonostante gli enormi sforzi delle insegnanti con la didattica telematica. Lo scatto è di Savino Carbone del 30 marzo 2020.
Abbiamo scelto alcuni tra i volti più fragili ed esposti e allo stesso tempo i più invisibili e nascosti. La vulnerabilità delle fasce quotidianamente emarginate, delle comunità migranti, dei lavoratori sottopagati e senza protezioni sociali, delle donne chiuse nelle mura domestiche spesso non sicure, sono la cifra di una verità finora non ammessa: non importa quanto sia efficace un trattamento terapeutico o un vaccino, la cura per questa epidemia è destinata a fallire. Finché non si invertiranno le profonde disparità sociali ed economiche, le nostre società non saranno mai veramente sicure dal SARS-Cov-2.
E’ possibile seguire la campagna di affissioni nazionali sui social del progetto:
Instagram @arcipelago_19 / Facebook Arcipelago-19.
Le foto dell’intervento sono di Michele Lapini.